Diffusione delle pandemie e cambiamento climatico: facciamo chiarezza

epidemie cambiamenti climatici

Una riflessione sulle “Verità” della Scienza e sui nodi politici della “questione ecologica”.

Girano sempre più articoli autorevoli che collegano cambiamento climatico ed epidemie. Spunti di riflessione sulla correlazione fra l’attuale pandemia, o altri virus quali sars o zyka e lo sfascio degli ecosistemi e più in generale l’abuso che il nostro sistema produttivo e il nostro stile di vita stanno compiendo sugli equilibri ecologici e delle risorse naturali.

Vero, non vero?

Alcuni pongono il problema comunicativo, reale, che noi attivisti ecologisti, a spingere troppo su questo tasto, si rischi di dare l’impressione, diciamo così, del fanatismo, ovvero di essere persone un po’ ossessionate che vedono tutto l’universo e tutto ciò che accade in funzione della propria idiosincrasia.

Questo rischio c’è.

Rischio più comunicativo che sostanziale, perchè nella sostanza invece il sospetto che il collegamento fra pandemie e cambiamenti climatici sia reale è fondato, non è immaginario. Fondato, ma non affatto certo, sia chiaro. Non ci sono dati quantitativi consolidati, questo è assolutamente doveroso dirlo, e il filone di indagine è relativamente nuovo.

E’ bene non confondere i piani e i livelli di certezza delle affermazioni che si fanno, e dare comunicazioni corrette.

Ne va, come molti giustamente ammoniscono, della credibilità delle rivendicazioni ecologiste. Si deve dire che il tema del cambiamento climatico di origine umana, in generale, è un tema che non può avere una dimostrazione certa e formale in termini di scienza “dura”, sperimentale, ovvero in termini di “esperienze di tipo quantitativo, ripetibili, effettuate in condizioni controllate, e in numero statisticamente probante”, come a regola dovrebbe auspicabilmente svolgersi ogni processo conoscitivo scientifico: lo impedisce la complessità dell’oggetto di studio, ovvero il clima globale, che non può essere evidentemente oggetto di sperimentazioni in laboratorio in condizioni controllate e quindi ripetibili.

Ciò non impedisce comunque di mettere in campo un processo conoscitivo di tipo razionale e quindi scientifico, ma certamente esso non può condurre ad un livello di certezza formale, “more geometrico demonstrata”, bensì a “verità” di livello oggettivamente inferiore, su questo non vi è dubbio.

Personalmente ho sempre paragonato l’indagine sul cambiamento climatico e sulla sua origine, antropogenica o meno, alla scienza giudiziaria, ovvero al processo per l’accertamento del colpevole di un crimine. Un processo razionale, deduttivo, che lavora sull’esclusione progressiva, attraverso la raccolta e l’interpretazione complessiva di indizi e prove, di diverse ricostruzioni e spiegazioni alternative, fino a giungere, si auspica, ad un’unica ricostruzione ragionevole dei fatti, coerente con gli indizi, e quindi ad un colpevole certo: certo, aldilà di ogni “ragionevole dubbio” (quindi, non matematicamente certo).

Certezza del cambiamento climatico

Ebbene, per farla breve, a detta della quasi totalità della comunità scientifica internazionale, e della totalità ormai praticamente unanime delle pubblicazioni in materia, si può dire che allo stato attuale sia stata accertata, innanzitutto, l’esistenza del crimine (ovvero: il clima è cambiato davvero, il riscaldamento globale c’è), e, tramite l’esclusione di ogni altra spiegazione alternativa, ne è stato anche individuato il colpevole – aldilà di ogni ragionevole dubbio, ed in base ad indizi solidi e univoci – nel sistema di produzione e di consumo umani.

Il cambiamento climatico c’è, e il colpevole ne è il nostro sistema di produzione e consumo: di questo siamo certi. Ne siamo certi, non matematicamente, ma “ragionevolmente certi”. Perché non esistono plausibili spiegazioni alternative, perché vi è una mole di dati accertati, solidi e concomitanti. Ne siamo certi, quindi, non come della validità e della giustezza del teorema di Pitagora, e nemmeno come di una legge fisica testata in laboratorio: ne siamo certi come lo siamo della soluzione di un delitto, la cui condanna viene passata in giudicato, dopo tre gradi di giudizio, in un sistema garantista, ovvero in un sistema in cui si è innocenti fino a prova del contrario.

Cambiamento climatico e sfascio ecosistemico

Per venire al tema odierno, e continuando nel paragone giudiziario, è doveroso dire che, rispetto al nesso causale tra sfascio ecosistemico e cambiamento climatico, e insorgenza e virulenza dei virus, o meglio di certi virus (i virus cosiddetti di origine zoonotica), allo stato attuale siamo all’apertura delle indagini, all’avviso di garanzia.
Quindi ben lungi dalle certezze, certezze di qualsiasi tipo.

Sicuramente, l’idea che lo stress che imponiamo agli ecosistemi, agli animali allevati, agli animali selvatici viventi negli ecosistemi che invadiamo, devastiamo, radiamo al suolo, e lo stress che imponiamo a noi stessi, al nostro sistema immunitario, già aggredito e provato dagli inquinamenti, in particolare quello urbano e industriale da polveri sottili, possano avere qualcosa a che vedere con l’insorgenza, o perlomeno l’impatto, la rilevanza, di queste infezioni, è un’idea che ritengo seria.

Da biologo, non nego che essa mi appare più che plausibile.
Ovviamente, il tema è da approfondire.
Non siamo ancora alla fase delle sentenze, non vi è dubbio di ciò.
Epperò, qui insorge un punto politico.
E il paragone giudiziario perde di efficacia, anzi si inverte di centottanta gradi.

Perchè, mentre nei nostri sistemi giudiziari si assume, più che giustamente, il principio garantista, ovvero che si presume chiunque innocente, e che è la colpevolezza a dover essere dimostrata, oltre ogni ragionevole dubbio, per le questioni che riguardano il nostro impatto sul Pianeta, e la messa a rischio dei beni collettivi e della salute umana, gli stati del Mondo hanno in realtà assunto il principio opposto, esattamente a Rio de Janeiro, nel 1992, ovvero il principio di precauzione.

Principio che, nel dubbio, impone di sentirci colpevoli, non innocenti, e quindi di adottare provvedimenti e comportamenti cautelativi, garantisti, sì, ma non della nostra innocenza, bensì garantisti per l’ambiente e la salute. Un principio e una logica che i nostri Stati e i nostri attori economici si son ben guardati dal rispettare, facendone quasi sempre carta straccia.

Ma il principio rimane, ed oggi più che mai va ribadito.

Per questo il “legittimo sospetto” – benchè sia, senz’altro, allo stato attuale, soltanto un sospetto – che le gravi problematiche che stiamo vivendo in queste settimane, non siano del tutto estranee, al più generale problema del collasso ecosistemico che parimenti stiamo attraversando – anche se molti non se ne sono ancora accorti – è un sospetto denso di implicazioni politiche immediate, non affatto futuribili.

E’ un sospetto che ci suggerisce di accelerare, di spingere al massimo, da adesso, da oggi, anzi, da ieri, il processo di transizione ecologica globale. La nostra vita, la nostra salute, sono in pericolo. E potrebbe essere un pericolo davvero grande, e davvero imminente.

Mauro Romanelli
Presidente Ecolobby
mauroverde@yahoo.com